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Cosa sono gli Yama? A cosa servono le astinenze nello Yoga?

Cosa sono gli Yama? Gli Yama sono la prima tappa nel viaggio dello Yoga, ciò da cui dovremmo partire, ancora prima di iniziare la pratica fisica (le Asana). Yama significa freni o astinenze, ovvero ciò di cui dovremmo fare a meno nella vita, in quanto ci limiterebbero soltanto.


meditazione

Patanjali, negli Yoga Sutra, indica i presupposti degli Yama, che sono:


  1. Non violenza (ahimsa)

  2. Verità (satya)

  3. Astensione dal furto (asteya)

  4. Castità (brahmacarya)

  5. Non possesso (aparigraha)


Nelle Upanisad e nell'HathaYoga-Pradipika, gli Yama vengono identificati con dieci presupposti e sono:


  1. Non violenza

  2. Verità

  3. Onestà

  4. Castità

  5. Pazienza

  6. Costanza

  7. Compassione

  8. Rettitudine

  9. Temperanza

  10. Purezza


L'Uddhava-gita, invece, ne conta dodici:


  1. Non violenza

  2. Verità

  3. Onestà

  4. Castità

  5. Non attaccamento

  6. Pudore

  7. Mancato accumulo di provviste

  8. Fede

  9. Silenzio

  10. Fermezza

  11. Pazienza

  12. Assenza di paura


Nel contesto generale in cui percepiamo e viviamo lo Yoga, ci viene insegnato a praticare le Asana, a controllare il respiro e a "liberare la mente" con la meditazione. Yama e Nyama non vengono mai presi inconsiderazione, come se vivessero ad uno stadio più basso. Ma Patanjali e la Filosofia Yoga ci insegnano che, ancora prima della pratica fisica, dobbiamo allenare la mente. Solo successivamente possiamo addentrarci nella pratica fisica e assorbirne il vero beneficio.


Rimanendo in linea con la classificazione di Patanjali, Re Bhoja (sovrano vissuto tra il 1000 e il 1055 circa) li spiega magistralmente in questo modo: "La mansuetudine (ahimsa) è la rinuncia alla violenza, che si prefigge la privazione della vita, ed è la cagione di tutti i mali. La violenza va evitata in qualsiasi circostanza, perciò la mansuetudine viene nominata per prima. La verità (satya) è la conformità al reale della parola e del pensiero. L'onestà (asteya) è la rinuncia al furto, cioè alla sottrazione della proprietà altrui. La castità (brahmacarya) è il controllo del membro virile. La povertà (aparigraha) è la rinuncia agli strumenti di godimento."


Leggendo questa semplice spiegazione, potremmo facilmente non comprendere appieno gli insegnamenti, pensandoli troppo forti o limitanti. Ecco perchè, di seguito, cercherò di spiegarveli con degli esempi riferiti alla vita quotidiana.


  1. Ahimsa, ovvero la non violenza. Patanjali prendeva in considerazione ogni singolo atto di violenza, anche quello di nutrirsi di animali o di non tenere aperta la porta a qualcuno. Violenza, in realtà è l'agire consapevolmente sapendo di star facendo del male. Non siamo obbligati a diventare vegani, possiamo scegliere di rifornirci presso allevatori più etici e possiamo scegliere di mangiare carne solo per necessità fisica e non di gola. A scuola o sul lavoro, per esempio, possiamo evitare di parlar male dei nostri colleghi, possiamo evitare di giudicare un alunno che non riesce a studiare velocemente come gli altri, possiamo aiutare le persone in difficoltà.

  2. Satya, la verità. La verità va rivolta prima di tutto verso noi stessi, togliendoci la maschera che portiamo sempre in giro, rimanendo fedeli a noi stessi riguardo ciò che vogliamo e non vogliamo, ciò che ci piace fare e ciò che non ci piace per niente. Quando impariamo ad essere sinceri con noi stessi, automaticamente diventiamo sinceri con gli altri. L'importanza di dire la verità e di essere noi stessi, deriva dal fatto che più siamo coerenti con noi e con chi ci circonda, più attireremo persone a noi affini. E sì, il rovescio della medaglia è che nel momento in cui inizieremo questo cambiamento, molte persone si allontaneranno, lasciandoci soli.

  3. Asteya, la rinuncia al furto e alle proprietà altrui. Non parliamo solo di furto e appropriazione di beni non nostri, parliamo anche di identità. Insieme a Satya, dobbiamo rinunciare a quella parte di noi che mostriamo ma che non è nostra, si limita a "copiare" qualcun altro.

  4. Brahmacarya, ovvero la castità. Ogni volta che le persone leggono questo punto, automaticamente pensano di non poter mai adattare gli Yama alla loro vita. Ma, anche qui, castità non significa che dobbiamo smettere di avere rapporti sessuali. Non dobbiamo smettere completamente, dobbiamo solo smettere di usare il sesso come strumento per tenerci la persona amata, per farci voler bene o per mero divertimento. Fare sesso è naturale e va bene ad ogni età, non c'è niente di immorale e beato chi lo fa. Così cantavano i Neri per Caso nel 1995 e avevano ragione. Hanno ragione. Brahmacarya non significa astensione totale, significa solo che dobbiamo amarci anche in quei momenti, dobbiamo amare chi abbiamo di fronte e dobbiamo rispettarci sempre, senza mai sminuirci.

  5. Aparigraha, la povertà. No, non dobbiamo diventare eremiti vagabondi o andare a vivere in mezzo ad una strada. No, non dobbiamo regalare tutti i nostri beni e vivere di aria. Dobbiamo imparare ad apprezzare e valorizzare noi stessi senza trasmettere il nostro valore su un oggetto. Povertà significa che se vivo da sola, non ho bisogno di una casa da 200 mq ma posso vivere benissimo in 50 mq. Povertà significa che non ho bisogno di spendere 2.000 euro per uno smartphone o 10.000 euro per un orologio per dimostrare al mondo chi sono. So chi sono e non smetto di esserlo, indipendentemente da quando cosano gli oggetti che possiedo.






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